Quale futuro per il mercato del latte? Con le produzioni dei principali produttori di latte Ue che segnano un incremento nelle ultime settimane su base tendenziale, frutto anche di condizioni meteo-climatiche migliori rispetto agli ultimi due anni, e con prezzi sostenuti da diversi mesi – che hanno spinto gli allevatori a rallentare le macellazioni di vacche – le prospettive per il prossimo semestre dovrebbero indicare una lieve flessione dei prezzi. Così prevedono gli analisti del Team di Clal.it, portale di riferimento mondiale per il settore lattiero caseario.
La tendenza all’incremento delle produzioni, in particolare, abbraccia i principali paesi esportatori di latte, burro, polveri e formaggi (Australia, Argentina, Bielorussia, Cile, Nuova Zelanda, Unione europea, Usa, Uruguay): nei primi nove mesi dell’anno le consegne di latte hanno segnato un incremento dell’1,3% tendenziale, con un rimbalzo fra i grandi player dell’1,7% per gli Stati Uniti e dello 0,4% per l’Unione europea.
Riguardo ai prezzi, a livello italiano le quotazioni del latte spot (il latte oggetto di contratti di conferimento non superiori ai tre mesi) ha perso quasi un terzo (-31%) del proprio valore rispetto allo stesso periodo del 2024, scendendo sulla piazza di Milano al di sotto dei 50 euro per 100 chilogrammi (le mercuriali di Verona, altra piazza di riferimento nazionale, sono appena superiori, a 50,50 €/100 kg).
Una fluttuazione ribassista che preoccupa solo in parte, essendo oltre la metà del latte italiano destinato alla produzione di formaggi, che hanno una valorizzazione maggiore rispetto al latte liquido. In particolare, grazie al ruolo di traino delle Dop, il valore complessivo del comparto lattiero caseario ha superato i 19 miliardi di euro e garantisce occupazione per più di 200mila persone tra diretti e indotto.
Il bacino padano potrebbe risentire nei prossimi mesi di un lieve assestamento dei prezzi delle grandi Dop a pasta dura, Grana Padano e Parmigiano Reggiano. L’incremento produttivo degli ultimi mesi, nell’ordine del +7,1% fra gennaio e ottobre 2025 (Grana Padano) e dell’1,2% per il Parmigiano Reggiano fra gennaio e settembre, potrebbe – il condizionale è d’obbligo – innescare una discesa dei listini, oggi su valori particolarmente elevati.
È grazie anche a un mercato vivace che gli allevatori hanno potuto portare avanti una rivoluzione tecnologica basata su digitalizzazione, robotica, automazione e innovazioni, che hanno riguardato diversi aspetti delle imprese agricole (meccanizzazione, nuovi siti produttivi, energie rinnovabili, miglioramento della genomica). Questi investimenti hanno contribuito nel complesso a migliorare il benessere animale, le performance produttive, la longevità dei capi, la competitività delle aziende, la redditività e la resilienza.
L’export resterà strategico per esplorare nuovi mercati e garantire marginalità al comparto. Fra gennaio e luglio 2025 le esportazioni lattiero casearie Made in Italy sono aumentate del 7,4% in volume e del 14,9% in valore, avvicinandosi a 5,6 miliardi di euro (buona parte dei quali ottenuti dalle vendite di formaggio per quasi 3,6 miliardi). I formaggi rappresentano, infatti, quasi la metà delle esportazioni totali nel settore lattiero caseario.
L’Italia macina anche altri record, essendo l’unico Paese che supera nell’export in equivalente latte i 100 euro al quintale (104,11 euro, per la precisione), molto al di sopra rispetto a Francia (59,64 €/100 kg), Germania (54,30 €/100 kg) o Paesi Bassi (61,10 €/100 kg).