Angelo Frascarelli (Ismea). Mercati agricoli relativamente positivi, ma attenzione ai costi
Diversificare gli indirizzi produttivi per una maggiore resilienza. Sì alle rinnovabili
Dal punto di vista dei prezzi di mercato il 2022 sarà un anno relativamente positivo.
Il vero problema è che, in alcuni casi, anche i prezzi interessanti rischiano di essere totalmente neutralizzati dall’aumento dei costi di produzione: alla fine del 2021 e in questo inizio di anno abbiamo visto un aumento sensibile dei costi dell’energia, dei carburanti, dei mangimi e dei fertilizzanti. Nel corso del 2022, poi, registreremo un aumento di tutti gli altri fattori della produzione, come gli agrofarmaci, che nel 2021 non erano aumentati, le sementi, i ricambi delle macchine agricole, le macchine agricole stesse e, perciò, avremo un aumento generalizzato di tutti i costi di produzione. Tali incrementi saranno chiaramente molto più rilevanti nella zootecnia per effetto del costo dei mangimi, meno impattanti in altri settori». A dirlo è il prof. Angelo Frascarelli, presidente di Ismea ed economista di Politica ed Economia agraria all’Università di Perugia.
Il prof. Frascarelli parteciperà il prossimo 2 marzo (ore 15:00, Auditorium Verdi) al convegno «I mercati agricoli nel 2022. Previsioni, attese, strategie», organizzato da Fieragricola nell’ambito della 115ª edizione della rassegna internazionale di agricoltura di Veronafiere.
Al convegno parteciperanno anche il vicedirettore generale aggiunto della Fao, Maurizio Martina (in collegamento), Ettore Prandini, presidente Coldiretti, Giordano Emo Capodilista, vicepresidente di Giunta Confagricoltura, Secondo Scanavino, presidente Cia-Agricoltori Italiani, Franco Verrascina, presidente Copagri.
In vista del convegno, l’Ufficio stampa di Fieragricola ha rivolto alcune domande al presidente di Ismea, prof. Angelo Frascarelli.
Prof. Frascarelli, che cosa dobbiamo aspettarci da questo 2022?
«Nel 2022 per alcuni prodotti che hanno un mercato internazionale come cereali, mais, frumento, semi oleosi come la soia continueremo ad avere un prezzo sostenuto, perlomeno fino ai prossimi raccolti estivi, poi dipenderà dai dati del raccolto mondiale. Sarà comunque un anno con prezzi medi generalmente sostenuti per queste commodity. Un discorso diverso ritengo debba essere fatto per l’ortofrutta, l’olivicoltura, il vino, ma anche il latte e la carne, dove i mercati sono più ristretti e, da questo punto di vista, si dovrà analizzare l’andamento caso per caso, ma prevedo che non potremo godere di prezzi alti come le commodity».
Pesano, come ha anticipato, gli alti costi di produzione. Quali sono i comparti in maggiore sofferenza, nonostante i prezzi di mercato positivi?
«I settori più esposti ai rincari sono la zootecnia da carne e l’allevamento da latte, in particolare perché l’aumento dei costi non è stato compensato dall’aumento dei prezzi. Secondo i calcoli di Ismea, ad incidere sugli oneri a carico degli allevamenti, oltre ai costi energetici, è soprattutto il capitolo dell’alimentazione animale, con la mangimistica lievitata del 19% a causa dei rincari dei foraggi (+22%), mangimi semplici (+17%) e composti (+15%). In questa fase soffre meno un’azienda che ha solo seminativi».
Come affrontare la situazione attuale?
«Bisogna riflettere su come garantire la resilienza, cioè la resistenza agli choc delle imprese agricole. Non bisogna fare scelte avventate, ma prestare molta attenzione agli indebitamenti e diversificare gli indirizzi produttivi. La zootecnia da latte che si salva è quella che ha diversificato con il biogas e le energie rinnovabili».
Quali sono i punti di forza delle rinnovabili agricole, in questa fase?
«Sono prevalentemente due: il primo è che l’energia rinnovabile riduce il costo dell’energia a livello aziendale, perché innesca un effetto positivo in autoconsumo, e il secondo è che il ricorso alle rinnovabili genera diversificazione, che è fondamentale per garantire una entrata differente. Un’azienda agricola che oggi ha migliori prospettive di redditività, anche con la prospettiva della riforma della Politica agricola comune è un’azienda a indirizzo zootecnico, con un impianto di biogas, e magari una produzione di ortaggi. Ritengo che tutte le imprese agricole debbano investire in energie rinnovabili, soprattutto considerando che i fondi del Pnrr hanno due linee di finanziamento, uno sull’agrisolare per il fotovoltaico sui fabbricati e uno dedicato al biometano».
Se la missione è la sostenibilità ambientale oltre a quella economica, dove dovranno investire gli agricoltori oltre alle rinnovabili?
«Ogni imprenditore deve fare i conti a casa propria, assecondando la vocazione del terreno, guardando alle filiere virtuose che si possono agganciare, cercando di rispondere alle esigenze del mercato. Sicuramente, però, ritengo che ci sia una direzione che è valida per tutti e cioè quella della transizione ecologica e digitale, che non sono una moda, ma una realtà già odierna e ancora più inevitabile in futuro. Su questo tema non devono esserci equivoci: senza transizione ecologica e senza digitalizzazione non c’è futuro per una impresa. E questo vale per tutti i settori, compresa l’agricoltura».