Non è solo il trend di crescita, vertiginoso, che ha colpito gli operatori, ma anche la capacità di conquistare i mercati internazionali – su tutti la Cina, nel recente passato – e di imporre un modello di valorizzazione imperniato su un mix bilanciato di carne suina e di prodotti di salumeria che hanno saputo conquistare i consumatori e la critica. Parliamo, per chi non l’avesse capito, della suinicoltura spagnola, forte di un suino di peso medio leggero, allevato in grandi strutture super efficienti e valorizzato attraverso una catena di approvvigionamento che ha saputo modernizzarsi.

I numeri della suinicoltura spagnola ce li fornisce il sito Teseo.Clal.it, portale di riferimento per approfondire i trend dell’agricoltura e della zootecnia su scala mondiale. Con una mandria di poco superiore ai 34 milioni di maiali, la Spagna negli ultimi anni ha distanziato la Germania, il suo principale competitor per numero di capi, mettendo a segno un ritmo di crescita sostenuto, nell’ordine del 4% annuo tra il 2010 e il 2021, secondo Interporc, l’associazione interprofessionale della suinicoltura iberica.

E così, mentre il Paese teutonico calava il proprio “esercito” di animali, colpito da qualche focolaio di peste suina africana, che ha bloccato l’export verso la Cina, e da inchieste giornalistiche che hanno messo in luce alcune difficoltà sul piano del benessere animale, la Spagna macinava performance, assecondata da una politica che ha potenziato il benessere animale, l’efficienza e la sicurezza dei macelli, rafforzando una logistica sempre più proiettata all’internazionalizzazione. Non soltanto Cina, ma anche Francia, Italia, Giappone, Filippine, Corea del Sud, toccando il record nell’export di carni suine nel 2021, per poi comunque mantenersi su livelli elevati, anche se nel 2022 le elaborazioni di Teseo riportano una flessione in quantità pari al 5% rispetto all’anno precedente e i primi cinque mesi del 2023 evidenziano un calo tendenziale dell’8%, bilanciato da una crescita in valore del 17,20 per cento. Segna un successo, invece, il comparto della salumeria, ricca in varietà e abilissima nel comunicare il proprio prestigio, con un’impennata delle vendite in volume del 7,4% nel 2022 rispetto al 2021.

Per restare sul piano dei numeri, la suinicoltura spagnola nel 2022 ha esportato 5,07 milioni di tonnellate di carni suine e salumi per un valore di 13,95 miliardi di euro, esibendo un tasso di autoapprovvigionamento superiore al 212 per cento. L’Italia, per fare un confronto, nel 2022 si è assestata su un tasso di autoapprovvigionamento del 59,4%, esportando carni suine e salumi per poco meno di 395.000 tonnellate e poco più di 2 miliardi e 243 milioni di euro.

Seppure difficilmente comparabili per produzione, internazionalizzazione, modelli produttivi, tipologia di suini allevati e salumi prodotti, osservare il caso spagnolo potrebbe forse favorire alcune riflessioni strategiche per una filiera in sofferenza come quella della suinicoltura Made in Italy.

Il primo elemento di rilievo è che, dopo anni di boom, il 2022 si è rivelato un anno complesso per il settore del maiale in Spagna, per l’aumento dei costi di produzione innescati dalla guerra in Ucraina e dalle difficoltà nel commercio internazionale o nell’approvvigionamento di materie prime.
Recentemente, il direttore di Interporc, Alberto Herranz, ha dichiarato: «Siamo di fronte a due grandi sfide: i nuovi requisiti normativi in termini di benessere animale e riduzione delle emissioni di gas serra e l’aumento dell’intensità competitiva globale di altri mercati di esportazione». Da qui l’idea di dotarsi di un Piano Strategico del Settore Suinicolo, come ha spiegato Miguel Sabater, senior manager di Monitor Deloitte, che con Interporc ha dato vita all’iniziativa « Future of Food».

Sono otto le linee strategiche elaborate: «Migliorare l’immagine e la reputazione del settore; rafforzare le politiche di biosicurezza; promuovere lo sviluppo di prodotti e mercati di alto valore; trasformare la configurazione della catena del valore verso un modello più competitivo, sostenibile e resiliente; attrarre, sviluppare e trattenere i talenti necessari; attivare investimenti in ricerca, sviluppo e informazione in sostenibilità e prodotto; promuovere l’economia circolare lungo tutta la catena del valore e promuovere nuove fonti di business per il settore in futuro».

Accanto agli otto obiettivi elencati si inseriscono anche 22 iniziative autonome, attuabili e trasversali all’intero settore, così da assicurarne lo sviluppo, individuare una ulteriore fonte di reddito, ma anche un’ottima opportunità per migliorare la reputazione del settore. Adottando pratiche sostenibili e promuovendo l’uso efficiente delle risorse, secondo gli esperti di Deloitte, è possibile «garantire che il settore sia riconosciuto come leader nell’economia circolare in Spagna».

Il documento è stato presentato dal suo direttore, Alberto Herranz, insieme a Pedro Rodrigo e Miguel Sabater, responsabili dell’iniziativa Future of Food di Deloitte, società di servizi professionali con cui si è lavorato a questo piano. Nelle parole di Herranz, vuole essere una tabella di marcia che “mitighi gli impatti affrontati dal settore e ci prepari a competere nel nuovo scenario che sta arrivando”.

Efficienza e specializzazione produttiva, unite alla sostenibilità e al benessere animale come elementi chiave per la filiera suinicola rappresentano i pilastri sui quali impostare politiche di crescita a livello internazionale, tenuto conto che i consumi di carne a livello mondiale sembrano destinati ad aumentare col miglioramento della redditività di diverse aree a livello mondiale.

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