Maurizio Martina al convegno del 2 marzo (ore 15:00, Auditorium Verdi) «I mercati agricoli nel 2022. Previsioni, attese, strategie»

Dall’andamento della pandemia, che pare essere entrata «in una condizione più favorevole anche a livello globale e per merito prima di tutto dei vaccini», alla crisi alimentare in Afghanistan, dove la Fao è impegnata con uno specifico programma di assistenza all’agricoltura, fino alle accelerazioni dei prezzi, che in questo abbrivio di anno non accennano a diminuire e che in proiezione minacciano di colpire «le popolazioni più povere e fragili dei Paesi che dipendono dalle importazioni». Sono alcuni degli spunti che il vicedirettore aggiunto della Fao, Maurizio Martina, già ministro delle Politiche agricole, ha affidato a un’intervista all’Ufficio stampa di Fieragricola, rassegna internazionale di agricoltura di Veronafiere.

L’on. Martina prenderà parte, in collegamento, il prossimo 2 marzo (ore 15:00, Auditorium Verdi) al convegno «I mercati agricoli nel 2022. Previsioni, attese, strategie», organizzato da Fieragricola.

Al convegno parteciperanno anche il presidente di Ismea, Angelo Frascarelli, Ettore Prandini, presidente Coldiretti, Giordano Emo Capodilista, vicepresidente di Giunta Confagricoltura, Secondo Scanavino, presidente Cia-Agricoltori Italiani, Franco Verrascina, presidente Copagri.

Di seguito l’intervista al vicedirettore aggiunto della Fao, Maurizio Martina.

Onorevole Martina, che cosa dobbiamo aspettarci da questo 2022 dal punto di vista dell’agricoltura e dell’agroalimentare? Abbiamo difficoltà di cambiamenti climatici, ma anche di guerre e contrasti sul piano geopolitico.

«La situazione è delicata, inutile nascondercelo. Per fortuna l’andamento della pandemia sembra entrato in una condizione più favorevole anche a livello globale e per merito prima di tutto dei vaccini. Ma la crisi energetica affiancata alle crisi geopolitiche aperte, in primis in Ucraina ma non solo, stanno complicando non poco questa fase. Bisogna lavorare molto per affermare gli strumenti del dialogo e della cooperazione multilaterale perché sono gli unici in grado di aiutare davvero a stabilizzare le situazioni più complicate».

In Afghanistan la Fao è impegnata con un programma di assistenza all’agricoltura. Come sta procedendo l’attività della Food Coalition, alla quale partecipa anche l’Italia?

«Oltre la metà della popolazione afghana è allo stremo, schiacciata da una delle più gravi crisi alimentari al mondo. Parliamo di quasi 23 milioni di persone. Il settore agricolo è la risorsa vitale dell’economia in Afghanistan ma oggi gli agricoltori fanno fatica a produrre cibo a sufficienza per sfamare le proprie famiglie, anche a causa della siccità protratta e della difficoltà ad accedere agli input agricoli. Sono tantissimi gli agricoltori che hanno perso il raccolto e sono costretti a vendere i loro animali e abbandonare la terra per migrare verso le aree urbane dove troveranno solo povertà e fame. Già l’anno scorso oltre 600mila persone sono state costrette ad abbandonare le zone rurali e a sfollare in cerca di salvezza. La Fao sta lavorando per sostenere gli agricoltori distribuendo semi locali per la coltivazione del grano in 31 delle 34 province del paese, insieme al mangime per mantenere in vita il bestiame e alla formazione tecnica per garantire i migliori risultati possibili e rendere sostenibile la permanenza nelle fattorie, scongiurando l’emigrazione forzata. Tutti interventi che hanno già raggiunto 1,3 milioni di persone, anche grazie al supporto dell’Italia che per prima ha risposto al nostro appello per far aiutare la popolazione afghana».

Continuano le tensioni sui prezzi dei cereali e dei semi oleosi, anche se le previsioni Usda relative alle importazioni di mais, soia e frumento da parte della Cina sono in diminuzione rispetto al 2021. Allo stesso tempo, la siccità in America Latina dovrebbe avere un impatto negativo sulle produzioni di semi oleosi. Quali potrebbero essere gli effetti sui listini a livello mondiale?

«È vero, i mercati dei semi oleosi sono stati scossi dalla siccità in Sud America e dalle inondazioni in Malesia e gli effetti a lungo termine di questi fenomeni ci preoccupano. In generale, l’inizio dell’anno ha segnato un rialzo dei prezzi dei generi alimentari a livello mondiale. Nel mese di gennaio l’indice Fao dei prezzi dei prodotti alimentari ha registrato in media 135,7 punti, pari a un aumento dell’1,1% rispetto a dicembre. Sugli aumenti pesa soprattutto il prezzo degli oli vegetali che, con un’inversione di rotta rispetto ai valori di dicembre, è aumentato del 4,2% su base mensile, il maggior rincaro fin qui osservato. In accelerazione anche le quotazioni di tutti i principali oli e dei prodotti lattiero-caseari, che è aumentato per il quinto mese consecutivo, complici i formidabili incrementi registrati per latte scremato in polvere e burro e la minore produzione in Europa occidentale e in Oceania.
Le attese per i prossimi mesi non sono rosee. Gli alti costi di gestione, gli effetti della pandemia e le condizioni climatiche sempre più incerte lasciano poco spazio all’ottimismo e all’ipotesi che le condizioni di mercato possano stabilizzarsi nel corso del 2022. Il timore è che l’impatto di tali complicazioni non si risolva a breve e che i prezzi più alti colpiscano soprattutto le popolazioni più povere e fragili dei Paesi che dipendono dalle importazioni».

Avremo un mondo multicentrico, anche in agricoltura? Come l’agricoltura può essere uno strumento di pace e quanto contano l’introduzione di nuove tecnologie (dalla meccanica alla genomica) in questo senso?

«Insieme alle recessioni economiche e agli choc climatici, i conflitti continuano a essere la principale causa di fame nel mondo. Allo stesso modo, i sistemi alimentari non sostenibili mettono a repentaglio l’ambiente, la salute, l’istruzione, l’economia, la sicurezza ed anche la pace. I principali fattori che minacciano la sicurezza alimentare e la nutrizione sono interconnessi. Questo crea associazioni circolari tra i diversi fattori, che hanno una propria traiettoria o ciclicità. Il che significa che occorrono azioni più coraggiose e più ampie per costruire la tenuta agli effetti negativi. Ad esempio, è essenziale integrare politiche umanitarie, di sviluppo e di costruzione della pace nelle aree di conflitto attraverso misure di protezione sociale per evitare che le famiglie vendano i pochi beni in cambio di cibo. È decisivo supportare i piccoli agricoltori con un ampio accesso all’assicurazione contro i rischi climatici e ai finanziamenti basati sulle previsioni; rafforzare la resilienza dei più vulnerabili alle avversità economiche; intervenire lungo le catene di approvvigionamento per abbassare il costo degli alimenti nutrienti – per esempio, incoraggiando la piantumazione di colture bio-fortificate o rendendo più facile l’accesso ai mercati per i coltivatori di frutta e verdura. La lotta alla povertà e alle disuguaglianze strutturali si affronta anche stimolando le catene di valore alimentare nelle comunità più fragili attraverso trasferimenti di tecnologia e programmi di certificazione, senza dimenticare che occorre anche una svolta nel comportamento dei consumatori per orientarli verso consumi più sostenibili, per l’ambiente e per la salute».

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