L’agricoltura italiana è sempre più green.

Lo dicono i dati, anticipati da Agrofarma-Federchimica, l’associazione di Confindustria che rappresenta le imprese del segmento degli agrofarmaci e che dalla fine di questo mese pubblicherà ogni mese un Osservatorio con aggiornamenti costanti sul consumo di chimica nei campi italiani.

L’Italia si colloca nel gruppo di testa, cioè fra i Paesi più virtuosi in Europa, con vendite di agrofarmaci che fra il triennio 2010-2012 e quello 2019-2021 si sono ridotte del 17%, passando – in termini quantitativi – da 140mila a 115mila tonnellate e con una flessione del 21% per i fungicidi e gli insetticidi.

Un calo superiore rispetto ad altre grandi agricolture europee. E, ancora una volta, a confermarlo sono i dati. L’Italia ha registrato la maggior contrazione nelle vendite di prodotti fitosanitari: tra il 2016 e il 2021 la diminuzione media annua è stata pari al 3,5%, rispetto allo 0,7% della Francia, allo 0,2% della Spagna e addirittura alla crescita, in Germania, dello 0,8%, con il Paese teutonico per alcuni anni nel mirino della Commissione europea per altre questioni ambientali connesse al mancato rispetto della Direttiva nitrati, finendo addirittura in infrazione da parte di Bruxelles.

Allo stesso tempo, in Italia fra il triennio 2011-13 e quello 2018-20 è cresciuto l’utilizzo di sostanze attive classificate “a basso rischio”, tanto che per Agrofarma il 30% degli investimenti in ricerca delle imprese del settore è dedicato allo sviluppo di agrofarmaci di origine naturale.

La strada è tracciata e non resta che accelerare per rispettare una transizione ecologica molto ambiziosa per gli obiettivi della Commissione europea, che vorrebbe entro il 2030 una riduzione del 50% dell’utilizzo dei pesticidi. Una sfida decisamente complessa, che potrebbe ripercuotersi negativamente sulle rese in campo e sulla produzione agricola europea, proprio in una fase in cui la sovranità alimentare è minacciata da situazione geopolitiche impreviste.

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